Note sparse del giovedì aspettando «Il Venerdì» di Repubblica che domani dedica copertina e reportage alle troppe presenze di turisti nelle città d’arte. Spunti per discussioni, prima delle polemiche, in un Paese che ha problemi crescenti nell’incontro sociale.
Cominciamo dal positivo: un valore unico solo cambiando l’ottica dalla quale si osserva. Dove si può avere l’opportunità di incrociare persone di tutto il mondo in una piazza? Bisogna trasformare questo in incontro, scambio, crescita, valore culturale.
Il turismo, come rimedio economico universale, è stato venduto in molte occasioni, particolarmente in quelle elettorali, per ogni territorio.
Che sia un luogo unico, come Venezia, Roma, Firenze, o uguale a tanti, come i molti paesi che, tipici ma spesso simili uno all’altro, non possono raggiungere numeri tali da cambiarne il destino. Se le risorse italiane sono la miniera, ricordiamoci che quasi sempre le miniere inquinano. Tutto questo, ammesso e non concesso che la scelta della mono economia legata al turismo sia quella giusta e vincente.
La crescente facilità e propensione al viaggio non può essere rallentata: il numero del miliardo di viaggi nel mondo è stato superato con anni di anticipo rispetto alle previsioni. Il viaggiatore vuole vedere i luoghi più famosi, quindi se viene in Italia, vorrà andare e viversi Venezia, Firenze, Roma. Anche riuscendo a deviare i pernottamenti in luoghi vicini, sarà fatta lo stesso la visita agli Uffizi e alla Accademia o la foto al tramonto dal Ponte Vecchio: il peso totale del numero di persone nel centro storico non cambierà, e in compenso sarà gravato il sistema dei trasporti.
Il senso del viaggio si è modificato, ha assunto valore crescente il luogo, l’atmosfera. Firenze è rappresentata dai suoi musei, ma è anche, e forse di più, il piacere di un aperitivo con il panorama della città, la cena all’aperto in una piazza. Vivere una città e visitarne i musei sono cose diverse, non collegate, anche due momenti diversi. Paulo Coelho lo ha suggerito diversi anni fa (a chi non lo avesse ancora fatto consiglio di leggere il suo decalogo di viaggio).
Molte cose, brand, format, si ripetono nel mondo, ma non sono ugualmente entusiasmanti in ogni luogo. La localizzazione paga, e molti luoghi italiani sono ricercati, danno valore aggiunto. In particolare le città d’arte. Prepariamoci a prodotti nuovi, come le Villeggiature Urbane, dove il piacere sarà vivere una città, senza visitare chiese o musei, come un residente. Dalla domanda «cosa c’è da vedere» siamo passati ad una serie di richieste «cosa c’è da fare?, cosa c’è da mangiare? cosa c’è da comprare?» che riempiono il tempo del visitatore con attività che giustificano la permanenza più della semplice visita al museo.
I luoghi del turismo sono un «prodotto» ma anche «il luogo dove si produce», quindi «la fabbrica». Come in tutte le produzioni ci sono prodotti più o meno sostenibili sia in fase di produzione che in fase di consumo e post – consumo: un gruppo di cinquanta persone è più impattante di una famiglia (non solo come numero di persone ma anche come livellamento dei servizi verso il basso).
A Firenze gli intermediari immobiliari, nuovi guru del marketing dell’ospitalità e dei tassi di occupazione, non propongono più il valore delle case a metro quadro, ma in relazione ad una ipotetica rendita nel mercato degli affitti brevi.
Molte abitazioni sono destinate all’accoglienza, ma è anche vero che una parte non piccola del patrimonio edilizio, ingessato nella sua intoccabilità, difficilmente proponibile per la residenzialità, può essere utilizzato solo nel mercato turistico.
Il successo di AirBnB, paradossalmente, ne azzera i parametri fondanti: il valore dell’host e dell’incontro sostituiti da veloci addetti alle pratiche amministrative e al commercio di visite ed «esperienze». La qualità degli alloggi, dove il riciclo dell’arredamento di famiglia fa da padrone, in caduta libera.
Non è il «prezzo» la variabile che screma il mercato, in una realtà che chiede maggiore rispetto ed educazione. Ricorriamo piuttosto alla cultura, all’etica, alla qualità, da perseguire attraverso una offerta composta da opportunità, attività mirate. Utilizziamo spazi fisici e temporali, iniziative di valore, fuori dalla divisione turista / locale, luoghi e momenti dove può avvenire l’incontro, attivando un sistema anche a vantaggio dei residenti.
Bisogna pensare ad un nuovo rapporto visitatore – città – cittadino, che rimetta al centro l’uomo e la qualità della vita, accomunando il residente, cittadino effettivo, con l’ospite, cittadino affettivo, in una ricerca del «benessere» per tutti.
In sintesi riprendere in mano i valori della sostenibilità Culturale e Sociale, non solo di quella Ambientale ed Economica.